Quanti articoli, quante notizie quante parole abbiamo letto e continuano ad essere pubblicate in rete che stanno cercando di renderci consapevoli dell’ uso più massiccio dell’intelligenza artificiale nella vita quotidiana che ci aspetta? Tutte le piu’ importanti aziende mondiali che operano in campo tecnologico come IBM, Tesla, Apple, Amazon, Google e Microsoft si stanno rincorrendo a vicenda per raggiungere un salto generazionale nella semplificazione sempre piu’ spinta dell’interazione uomo-macchina.
Tra un pò sembra che lasceremo le dita a far altro perchè ciò che farà capire alle macchine ciò che vogliamo sarà soltanto la nostra voce..
Occhio, in questo articolo che stai per leggere non troverai scritto il solito papello delle profezie di un Nostradamus, ma quello che leggerai sono tesi scientifiche sulla stato della conoscenza umana sull’argomento.
Leggendo fino in fondo tutto l’articolo, vedrai, saprai di più su tutta questa euforia che noi addetti ai lavori abbiamo attorno a questa storia. Vedrai la questione sotto un’altro punto di vista e ti si aprirà un mondo di domande a cui ancora non avevi pensato.
In questo momento dietro lo smartphone che acquistiamo o dentro l’ultimo sistema operativo che aggiorniamo si stanno compiendo ricerche sul come migliorare ed implementare al meglio le intelligenze artificiali finalizzate fondamentalmente non a risolvere l’ultimo teorema di Fermat ma all’ incremento della user experience, una parola trendy per dire che si sta cercando di far comunicare, nel modo più naturale possibile, l’uomo con i calcolatori automatici senza avere un libretto di istruzioni.
Qui, si parla di intelligenza e già da diversi anni molte sono le ricerche che stanno cercando di riprodurre questo aspetto dell’essere umano. Ma, un attimo, vi ricordate quanto ancora possono essere scemi questi intelligentoni di assistentoni?
Adesso seguitemi un attimo in questo che sembra una menata tra “filosofi a cena” ma che se riletto più di una volta non sembra poi così campata in aria.

Nel 1965 il matematico inglese Irvine J. Good collega di quel nerd di Alan Turing, uno dei padri dell’informatica, scrive che la prima macchina ultra intelligente è l’ultima invenzione che l’uomo dovrà fare. Una tale macchina infatti sarebbe per definizione più intelligente di qualunque altro uomo e poiché tra le attività intellettuali umane vi è anche l’invenzione di macchine intelligenti essa sarebbe in grado di progettare macchine ancora più intelligenti. Senza dubbio a quel punto vi sarebbe una esplosione di intelligenza…!
Ora qui solo da questa frase si potrebbe aprire un mondo. A partire da questo concetto si fanno le canne da tempo immemore una certa letteratura la quale definisce un tale speciale momento, logicamente plausibile concediamoglielo, come la cosiddetta singolarità tecnologica ma per il momento vi risparmio i fumi di quello che effettivamente succederà se andiamo avanti di questo passo per poi riprendere il concetto verso la fine..
Infatti dall’inizio del 900 è in corso un progetto grandioso forse il piu’ rivoluzionario tra quelli intrapresi dall’umanità cioè il tentativo di comprendere come funziona il nostro cervello ed emularlo creando una intelligenza artificiale. E’ chiaro che la comparsa di intelligenze artificiali di livello umano o addirittura superiore cambierebbe per sempre il corso della storia e un simile obiettivo potrebbe ormai essere a portata di mano o quanto meno lo vediamo all’orizzonte.

Questa almeno è l’opinione di un certo Raymond Kurzweil secondo cui la prima intelligenza artificiale di livello umano dovrebbe venire alla luce tra una ventina di anni. No, non è il Nostradamus di cui sopra.
Kurzweil è considerato quasi universalmente uno dei padri dell’intelligenza artificiale. I suoi algoritmi sono alla base dei sistemi piu’ diffusi al mondo per il riconoscimento di caratteri scritti ( OCR ) e per l’interpretazione del parlato. Toh! Software come Siri, l’assistente vocale di Apple o Dragon Dictation sono tutti basati sugli studi di Kurzweil.
Kurzweil è anche un grande studioso di trend tecnologici. In un libro degli anni ‘90 intitolato “The Edge Of Intelligence Machine” aveva fatto 147 previsioni per il 2009 e di queste, 115 si rivelarono esatte, 12 quasi esatte cioè sbagliò decennio azzeccando però la previsione e solo il 3% di queste previsioni si rivelarono completamente sbagliate. Insomma non tutti siamo perfetti!
In un libro intitolato invece “Come Creare Una Mente” del 2012, Kurzweil spiega perchè è convinto che la comparsa della prima intelligenza artificiale di livello umano sia dietro l’angolo.
L’anatomia del cervello è nota da decenni nei dettagli così come il fatto che il cervello è diviso in aree dedicate a funzioni diverse, aree dedicate alla vista, all’udito, all’attivazione dei muscoli motori e diverse altre. Ma in che modo tutto ciò si traduce in quanto ognuno di noi sperimenta e cioè una mente cosciente e la capacità di pensare?
Che cos’è un ricordo nel nostro cervello ?
In che cosa consiste un pensiero?
E’ quasi impossibile pensare di replicare l’intelligenza artificiale senza prima rispondere a queste domande.
Ray Kurzweil è convinto sostenitore della cosiddetta “Patter Recognition Theory Of Mind” (no tranquilli, nulla di complicato se spiegato in parole più semplici) cioè della tesi secondo cui l’algoritmo fondamentale del cervello sia il “riconoscimento di forme.”
Ogni volta che il cervello incontra una nuova forma è in grado di memorizzarla e collegarla in senso gerarchico cioè secondo un qualche rapporto logico con le altre forme già memorizzate.
Ok, ma che cosa è una forma?
Una forma può essere un oggetto qualunque reale ma anche astratto. Per esempio una mela è una forma ma anche alcune sue parti come i semi o il concetto del tutto astratto di superficie curva sono delle forme.
A sua volta la mela rimanda ad altre forme come per esempio la forma relativa alla torta di mele o la forma collegata al concetto di dolce, anche concetti etici filosofici matematici hanno le proprie forme di riferimento.
Inoltre il cervello ha un alto livello di ridondanza per le forme che incontriamo piu’ di frequente. Per esempio, per la lettera A in tutte le sue variante o per il viso di una persona cara, possono esistere migliaia riconoscitori di forma diversi nel nostro cervello e ogni volta che una forma viene riconosciuta, per esempio quando vediamo la mela di cui sopra, tutti i riconoscitori di forme collegati si mettono in allerta mentre si indebolisce l’attività di altri riconoscitori di forma: la vista di una paio di baffi ecciterà tutti i riconoscitori di forma collegati ai vostri conoscenti di sesso maschile, li allerterà, potrebbe essere una di queste persone e contemporaneamente indebolirà tutti quelli collegati alle vostre conoscenze di sesso femminile…
…anche se guardando meglio, questo non vi impedirebbe di riconoscere vostra moglie, magari truccata da uomo per esempio a partire da altri riconoscitori di forma che individuano il portamento femminile.
Cosa scrive Kurzweil a proposito di cosa sia, secondo questa tesi, un ricordo?
“..Dobbiamo tenere conto a questo punto anche dell’idea che le forme che abbiamo imparato a riconoscere, per esempio un particolare cane o l’idea generale di un cane, una nota o un brano musicale, sono esattamente lo stesso meccanismo che sta alla base dei nostri ricordi.I nostri ricordi sono di fatto forme organizzate come liste che abbiamo appreso e che riconosciamo quando ci vengono presentate con lo stimolo opportuno.
Se dovessimo leggere la mente di qualcuno e dare una occhiata a quello che accade esattamente alla sua neo corteccia sarebbe difficilissimo interpretare i suoi ricordi. Quello che vedremmo è l’attivazione simultanea di milioni di riconoscitori di forme. Un centesimo di secondo piu’ tardi vedremmo un insieme diverso ma altrettanto numeroso di riconoscitori di forme attivati, ciascuna di queste forme sarebbe una lista di altre forme, ciascuna delle quali sarebbe una lista di altre forme e così via fino a raggiungere le forme semplici piu’ elementari a livello piu’ basso.
Ciascuna forma nella neo corteccia è dotata di significato solo alla luce di tutte le informazioni veicolate nei livelli che stanno al di sotto di essa. Una vera lettura della mente quindi comporterebbe necessariamente non solo identificare le attivazioni degli assoli pertinenti all’interno del cervello di una persona ma anche esaminare sostanzialmente tutta la sua neo corteccia con tutti i suoi ricordi per capire quelle attivazioni..”
“ I nostri ricordi sono di fatto forme organizzate come liste che abbiamo appreso e che riconosciamo quando ci vengono presentate con lo stimolo opportuno.”
Insomma secondo Kurzweil e gli altri sostenitori della teoria del cervello come riconoscitore di forma questo accendersi e spegnersi di milioni di riconoscitori di forma a ritmo di 100 volte al secondo, questa specie di albero di natale stroboscopico sarebbe in ultima analisi ciò che chiamiamo pensiero.
A questo punto però sorge spontanea una domanda: c’è qualche prova che la struttura del cervello sia consistente con questa visione? Ebbene la risposta è SI SI SI.
E’ una risposta che possiamo dare da pochissimo tempo perchè è quanto emerge da studi recentissimi resi possibili dalle piu’ recenti tecnologie di indagine del cervello. In particolare parliamo degli studi condotti dal neuro scienziato svizzero Henry Markram (batti 5!) i quali non solo danno conforto a questa tesi ma permettono anche di stimare il numero di riconoscitori di forma presenti nel nostro cervello.
Infatti Markram ha trovato evidenze di una struttura ripetitiva. Una sorta di circuito di base che con poche modifiche è presente in tutte le aree del cervello.
Avete 10 min ? Ascoltate cosa ha di bello (sperimentato e plausibile) da dire il prof Markram sull’argomento in uno dei TED che hanno dato IDEAS WORTH SPREADING ( TIPS: è piacevole e scorrevole da seguire e per chi lo desidera ha i sottotitoli in italiano che si possono attivare)
Ma torniamo al nostro Kurzweil, secondo lui una buona stima del numero di neuroni di cui mediamente è composto un riconoscitore di forme cioè uno di questi mattoncini lego è di circa 100 neuroni. E poichè ci sono piu’ o meno 30 miliardi di neuroni nel cervello umano i riconoscitori di forma presenti nella testa di ognuno di noi sarebbero circa 300 milioni.
Ora poichè negli ultimi anni sono stati sviluppati vari software come quelli per il riconoscimento di caratteri scritti e più recentemente per il riconoscimento del parlato e anche vari componenti hardware che nei rispettivi campi di applicazione agiscono esattamente come dei riconoscitori di forma gerarchici, resta aperta a questo punto una sola domanda ovvero:
Cosa serve per emulare
tutti questi 300 milioni
di riconoscitori di forma ?
Una domanda a cui Kurzweil ed altri studiosi hanno trovato una risposta e che riprenderemo al termine dell’articolo.
I riconoscitori di forma sono quindi alla base dei software come quelli sviluppati da Apple, Microsoft e Google.
Ma non andiamo troppo ai piani alti del palazzo, andiamo al mercatino. Ho sviluppato tempo fa un piccolo bot per Telegram (il rivale di WhatsApp) che faceva uso di AIML un markup language di tipo XML. Non si può considerare un tipo intelligente quanto suo compare WATSON ( IBM ) o “intelligenza artificiale” in senso stretto (la quale richiede capacità di ragionamento logico e abilità di pensiero), ma questi bot fanno se alcuni concetti descritti in precedenza come quello del riconoscimento di forme (in questo caso grammaticale) e del pattern recognition largamenti usati dagli assistenti virtuali attuali come Siri di Apple o Cortana di Microsoft.
Il sistema sviluppato utilizzava per comodità come mezzo di comunicazione con l’utente, il servizio gratuito di messagistica “Telegram”, applicazione scaricabile su qualsiasi smartphone o computer ma lo stesso potrebbe essere implementato su qualsiasi sistema proprietario di messagistica sviluppato ad hoc o su di un server web che agisce da backend fornendo delle API apposite.
Su Telegram il test che feci prese “vita” sotto forma quindi di BOT il quale era in grado di interpretare alcuni comandi in linguaggio naturale impartiti dall’utente e che a differenza dei classici BOT potrebbe agire anche come “servizio” consentendo di effettuare delle azioni come potrebbe essere quello di acquisto di biglietti, impostazione di allarmi etc..
Adesso i bot di questo tipo dilagano su diverse piattaforme, ma quello che stanno cercando di mettere su i pachidermi come IBM Microsoft Apple e compagnia bella è qualcosa di più.
Ho sviluppato bot per Telegram quando ancora non avevo la fissa per i dispositivi iOS. Da quando sviluppo per i dispositivi Apple ho scritto per diletto diversi prototipi tra cui uno che riguarda il visual recognition che fa uso dell’intelligenza di WATSON di IBM, un tizio meccanico di cui abbiamo già accennato prima. Non mi dilungo molto su WATSON in quanto soltanto lui richiederebbe un articolo a parte, quindi vi rimando alle ricerche su google se non lo conoscete.
Ho registrato un video di questo sciocco prototipo che ho sviluppato per iphone. Nel test le immagini vengono caricate da un servizio di free stock photos ma lo stesso si potrebbe trasferire facilmente al capturing della fotocamera di uno smartphone.
In sostanza, l’intelligenza artificiale collegata a WATSON riesce a “capire” che foto stiamo guardando e a categorizzarla in base al contenuto. Ma forse il video è auto esplicativo più di mille parole..
Ritorniamo sui nostri passi. Se è vero che il cervello è un riconoscitore di forma gerarchico e che la mente ha questa origine e se è vero che siamo in grado realizzare dei software che eseguono le stesse attività di base dei riconoscitori di forma allora siamo in grado di realizzare una intelligenza artificiale.
Tutto si riduce
a una questione di
potenza di calcolo.
Quanto deve essere potente un computer per simulare un cervello umano ? Bhe una risposta potrebbe essere: dipende da quanto è effetivamente complesso.
Non vi sorprenderà scoprire che l’opinione di Kurzweil in merito è molto netta:
“..Riflettendo un attimo su che cosa significa complessità potremmo chiederci una foresta è complessa ? La risposta dipende dalla prospettiva che si sceglie. Si potrebbe notare che esistono migliaia di alberi nella foresta e che tutti sono diversi tra loro.Poi si potrebbe continuare notando che ciascun albero ha migliaia di rami e che ciascun ramo è del tutto diverso dagli altri. Poi si potrebbe continuare descrivendo le contorte peculiarità di ciascun singolo ramo, la conclusione a quel punto sarebbe che la foresta ha una complessità che va al di là della nostra più sfrenata immaginazione. Ma questo approccio significherebbe letteralmente concentrarsi sugli alberi senza vedere la foresta.
Sarebbe corretto dire che il concetto di foresta è piu’ semplice del concetto di albero. Lo stesso vale per il cervello che ha una anologa enorme ridondanza in particolare nella neo corteccia. Sarebbe corretto dire che c’è piu’ complessità in un singolo neurone che nella struttura complessiva della neo corteccia…”
Com’è del tutto evidente il ragionamento di Kurzweil ha delle conseguenze sul livello di profondità a cui è necessario spingere una simulazione del cervello perchè essa possa manifestare intelligenza.
Non è necessario simulare il cervello
in tutti i suoi dettagli per ottenere
una intelligenza artificiale.
Secondo Kurzweil, ebbene, per simulare l’intelligenza basterebbe una simulazione del cervello molto meno raffinata, per esempio non sarebbe affatto necessario riprodurre tutte le attività metaboliche dei neuroni perchè non c’entrano nulla con l’intelligenza!
Ma allora quanto deve essere potente un computer affinchè possa esibire intelligenza ?
L’idea di Kurzweil è che quanto dobbiamo simulare assomigli molto ad un calcolatore formato da 300 milioni di processori quindi tantissimi i quali però lavorano a una velocità abbastanza bassa circa 100 cicli al secondo ma con un livello di parallelismo molto molto spinto dato che i 300 milioni di riconoscitori di forma del nostro cervello sono tutti operativi contemporaneamente.
Se traduciamo tutto questo nelle specifiche di un ipotetico computer che cosa troviamo? Troviamo che dovrebbe essere in grado di svolgere circa 10 alla 16 calcoli al secondo, che sono piu o meno quanti ne eseguono oggi i piu’ grandi supercomputer esistenti.
E dovrebbe avere una capacità di memoria di circa 20 miliardi di byte un numero tutto sommato abbastanza modesto già oggi.
Ma c’è di piu’.
Infatti sulla base dei trend a cui per decenni è soggetto il costo della capacità di calcolo tutto ciò nel 2020 costerà circa 1000$, è il risultato della ben nota legge di Moore secondo cui le prestazione dei componenti elettronici raddoppiano ogni 18 mesi a parità di prezzo.
E’ uno scenario incredibile per le conseguenze che potrebbe avere e ancor piu’ incredibile è che tutto questo stia accadendo senza che quasi ce ne accorgiamo.
Infatti le ricadute della comparsa di esseri intelligenti e artificiali sarebbero impressionanti, dall’economia fino all’etica.
Adesso entriamo per un attimo nella parte etica della vicenda.
Come ci comporteremmo di fronte ad entità artificiali intelligenti ? Leggiamo cosa scrive Kurzweil in proposito:
“..Immaginate in futuro di incontrare un ente robot o un avatar completamente convincente nelle sue reazioni emotive. Ride in modo convincente alle vostre battute di spirito e per parte sua vi fa ridere e piangere.Vi convince della sua sincerità quando parla delle sue paure e dei suoi desideri. Sotto ogni punto di vista sembra cosciente.
Sembra in effetti come una persona.
L’accettereste come persona cosciente?
L’idea di conscenza è alla base del nostro sistema morale e il nostro sistema legale a sua volta è codificato sia pure non rigidamente su quelle convinzioni morali. Se una persona estingue una coscienza di qualcuno come nel caso di un assisninio questo per noi è un atto immorale e con qualche eccezione un crimine grave.
Se distruggo la mia proprietà probabilmente è accettabile invece se la mia proprietà comprende un essere cosciente come un animale in quanto proprietario di quell’animale non ho necessariamente la libertà morale o legale di farne quello che voglio.
Esistono per esempio leggi che sanzionano la crudeltà nei confronti degli animali. Poichè gran parte del nostro sistema morale e lagale si basa sulla protezione dell’esistenza e sulla prevenzione di sofferenze non necessarie a enti coscienti, per effettuare giudizi responsabili dobbiamo rispondere alla domanda:
chi è cosciente ?
Questa domanda non è semplicemente materia di dibattito intellettuale.
Nessuno si preoccupa molto oggi della possibilità di provocare dolore e sofferenza al software del nostro calcolatore ma quando il software del futuro avrà l’intelligenza intellettuale emotiva e morale degli esseri umani biologici anche questa diventerà una preoccupazione genuina.
La mia posizione è che accetterò come persone coscienti enti non biologici che siano pienamente convincenti nelle loro reazioni emotive e la mia previsione e che in genere anche il resto della società li accetterà…”
Ebbene è chiaro che la comparsa di forme di vita artificiale di robot o di avatar dotati di consapevolezza avrebbe certo delle conseguenze inimagginabili sul nostro stile di vita e forse anche sulle nostre convinzioni piu’ profonde.
Ma secondo Kurzwail questo sarebbe in realtà solo il primo passo di un processo destinato a modificare l’uomo ancora piu’ in profondità.
Se infatti il tipo di tecnologie che stiamo sviluppando per ricreare l’intelligenza sono coerenti con il modo in cui l’intelligenza si è sviluppata nel mondo biologico non c’è motivo di pensare che prima o poi le due intelligenze non possano essere fuse.
Moment, moment! Perchè qui viene il bello!
Torniamo da Kurzwail per leggere che cosa ci dice in proposito:
“..L’intelligenza che creeremo grazie alla retro ingegnerizzazione del cervello sarà in grado di migliorarsi rapidamente in un ciclo di progettazione interattivo e accellerato.
Anche se il cervello umano biologico è dotato di notevole plasticità ha una architettura relativamente fissa che non può essere modificata significativamente e una capacità limitata. Non possiamo aumentare i suoi 300 milioni di riconoscitori di forme portandoli poniamo a 400 milioni se non per via non biologica.
Una volta raggiunto quel risultato non ci sarà motivo per fermarsi a un particolare livello di capacità.
Potremmo proseguire e dotarlo di un miliardo di riconoscitori di forme o di mille miliardi, dai miglioramenti quantitavi derivano passi avanti qualitativi, il passo piu’ importante nell’evoluzione di homo sapiens è stato di tipo quantitativo, lo sviluppo di una fronte piu’ ampia per fare spazio ad una maggior quantità di neo corteccia, una maggior capacità neo corticale ha consentito a questa nuova specie di creare e analizzare pensieri a livelli concettuali piu’ elevati e il risultato è stata l’apertura dei molti campi dell’arte e della scienza.
Aggiungendo altra neo corteccia in forma non biologica possiamo attenderci livelli qualitativi di astrazione ancora piu’ alti…”
Insomma i mammiferi hanno inventato la neo corteccia qualche decina di milioni di anni fa. E’ stata questa la loro principale innovazione evolutiva, poi i primati parecchi milioni di anni dopo hanno inventato come mettere tanta neo corteccia in poco spazio cioè ripiegandola su se stessa facendo si che il cervello assumesse l’aspetto che noi tutti conosciamo e ora l’essere umano sta studiando come ampliare la propria neo corteccia aggiungendo neo corteccia artificiale.
E’ un processo che pare inarrestabile e il risultato finale come scrisse Irvine J Good non potrà che essere una esplosione di intelligenza……..